I danni da eventi siccitosi nel castagneto da frutto tradizionale delle zone sub-montane

Eventi siccitosi e avvizzimenti del castagno nelle zone sub-montane di Rivalto – Chianni (PI)

Il castagno a Chianni è coltivato in zona sub-montana ad una altitudine inferiore ai 400 m slm e si può considerare pertanto vicino al suo limite ecologico.

Figura 1. Avvizzimento di un giovane castagno innestato con "Marrone di Rivalto" nel settembre 2017. (Foto: G. Costagli)

Figura 1. Avvizzimento, nel settembre 2017, di un giovane castagno innestato con “Marrone di Rivalto”. (Foto: G. Costagli) 

Al castagno a Chianni sono dedicate prevalentemente le esposizioni a nord, con l’obiettivo di avere una minore incidenza possibile dagli estremi di temperatura.

Nel corso degli ultimi tre anni si è discusso molto a Chianni e nel comprensorio agricolo dell’Alta Valdera in Provincia di Pisa, di scarsa piovosità nei periodi che vanno dalla primavera fino all’estate inoltrata, accompagnati da picchi di alte temperature. Effettivamente, per l’anno 2017, è stato riconosciuto, dal Ministero delle Politiche Agricole, il carattere di eccezionalità della siccità che ha interessato la Toscana, fatta eccezione per alcuni comuni di Livorno e Pisa.

Nei castagneti da frutto tradizionali del comprensorio di Rivalto, durante l’estate 2017, sono stati osservati avvizzimenti delle chiome su ceppaie innestate di circa 5–6 anni (Figura 1) risultati poi irreversibili con la morte delle stesse. Tali fenomeni, si ipotizza possano essere riconducibili alla siccità estiva. La scarsità di piogge dell’estate scorsa ha infatti portato anche ad una produzione caratterizzata da una ridotta pezzatura del “Marrone di Rivalto” con una, per contro, riduzione del 5-10% dell’incidenza del “bacato”.

Andamento meteorologico della Toscana e condizioni di piovosità ideali per il castagno

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Figura 2. Andamento meteorologico e condizioni di piovosità considerate ideali per il castagno da frutto (Maresi, 2013)

Partendo da queste osservazioni empiriche condotte a Rivalto, ci sembra interessante fare il punto sulle informazioni tecniche e scientifiche oggi a disposizione che riguardano il castagno e il suo rapporto con gli eventi siccitosi in generale e sulle reali condizioni climatiche del centro Italia degli ultimi anni. Nonostante il castagno sia dotato di una sua plasticità ecologica che lo rende adattabile a diverse condizioni ambientali, questa si riduce quando è coltivato su terreni con geomorfologie convesse o pendici ripide (Pezzatti et al., 2010). Infatti il castagno è considerato tra le specie forestali più suscettibili ai fenomeni di stress ambientali e di eventi siccitosi estivi in particolare con caratteristiche botaniche che lo rendono particolarmente esposto (Bigio et al., 2010). Anche per queste ragioni il castagno è tipicamente coltivato in zone non siccitose e con un andamento meteorologico ideale con condizioni di piovosità come quelle indicate in Figura 2 (Maresi, 2013).

Nella Figura 3 si mostra, per il centro Italia, l’indice di siccità (indice ASI) calcolato da FAO e basato sui dati del satellite europeo METOP e destinato all’allerta real time per eventi estremi. Secondo l’indice ASI degli ultimi 15 anni, in Provincia di Pisa, le condizioni di reale siccità (colorate dal giallo al rosso) si sono registrate nel 2003, 2006, 2007 e 2009. Come si evince dalle immagini, il 2003 è stato un anno particolarmente siccitoso tanto da essere stato citato dalla famosa rivista “Science” come l’anno con l’estate europea, dal punto di vista delle temperature, più calda senza precedenti da 500 anni (Luterbacher et al., 2004). Tuttavia, dal 2009 al 2016, non si può parlare di siccità per la Toscana, almeno riferendosi ai valori medi annui.

Figura 4. Indice di siccità annuo nel centro Italia per gli anni dal 2001 al 2016

Figura 3. Indice di siccità annuo nel centro Italia per gli anni dal 2001 al 2016 (FAO).

Osservazione scientifiche sugli avvizzimenti dei castagni in seguito all’evento siccitoso eccezionale del 2003

In seguito all’eccezionale ondata di caldo e siccità estiva del 2003, si registrarono molti avvizzimenti, anche irreversibili, su castagni da frutto al sud delle Alpi Svizzere. Indagini scientifiche sul fenomeno (Conedera et al., 2011) dimostrarono come, tali avvizzimenti, furono più marcati nelle zone:

  • Esposte a sud e ad ovest;
  • A quote inferiori a 500 m slm;
  • A bordo foresta, dove l’effetto stimolante dell’irraggiamento solare e del vento sull’evapotraspirazione è massimo;
  • Con geomorfologie convesse e pendici ripide.

Vista la sensibilità del castagno alla scarsità di acqua e vista la frequenza di eventi siccitosi estremi è corretto pensare ed è scientificamente dimostrato come la castanicoltura da frutto moderna del sud Europa, tragga giovamento dalla pratica dell’irrigazione così come avviene per altre piante da frutto (Mota et al., 2018). Tali pratiche tuttavia, non sono applicabili nei casi della castanicoltura da frutto tradizionale. In questi casi valgono le buone pratiche agronomiche e le cure colturali volte al mantenimento dei castagni nelle condizioni più ottimali possibili. Un castagneto tradizionale da frutto ben condotto, potato quando necessario e nel quale il cinipide o altre patologie come il cancro siano tenute sotto controllo, risulta più efficace nel contrastare condizioni climatiche puntuali estreme (Conedera et al., 2011; Maresi, 2013; Maltoni et al., 2018).

Il castagno in Europa di fronte al cambiamento climatico in atto

Secondo una categoria di esperti a livello mondiale, i cambiamenti climatici in atto starebbero causando l’innalzamento dei livelli dei mari, nuovi regimi di precipitazioni ed eventi atmosferici estremi più frequenti e più gravi. I cambiamenti climatici però non avvengono dal giorno alla notte e la loro stessa esistenza è argomento di discussione tra gli esperti stessi. Una cosa è certa: le grandi potenze mondiali stanno da tempo mettendo in atto piani strategici per gestire quelli che si ritengono che siano i cambiamenti in atto. A livello generale, i cambiamenti climatici vengono gestiti attraverso due approcci, quello della mitigazione, volto alla messa in atto di quelle azioni che servono a rallentare il più possibile il processo di cambiamento (per esempio riduzione delle emissioni dei gas serra) e quello dell’adattamento, volto alla messa in atto di quelle azioni (tecniche e tecnologiche) che servono ad affrontare i nuovi scenari climatici alle diverse latitudini (Reinhardt e Toffel, 2017). Molta aziende del settore agrario e alimentare per esempio stanno già lavorando a tecniche di adattamento, come l’introduzione di nuove varietà resistenti alla siccità o lo spostamento di alcune coltivazioni a diverse latitudini.

L’unico studio scientifico che mette in relazione il castagno con i cambiamenti del clima nel lungo periodo è stato condotto in Cina. Gli scienziati hanno studiato gli effetti del clima sul castagno cinese (Castanea mollissima Blume) in un periodo che va dal 1963 al 2008, dimostrando come l’albero ha significativamente anticipato l’epoca di fioritura e allungato il periodo vegetativo (Guo et al., 2013). In Europa ad oggi non esistono studi specifici che mettano in relazione il castagno con gli andamenti del clima in periodi sufficientemente lunghi. Sono però in atto stanziamenti economici per future attività di ricerca in questo senso che coinvolgono contemporaneamente fino a nove paesi della Comunità Europea (Villani e Beritognolo, 2016).

Conclusioni

Tecniche di adattamento agli eventi siccitosi come l’introduzione di nuove cultivar resistenti alla siccità o come l’applicazione delle tecniche moderne di irrigazione non sono applicabili per la castanicoltura da frutto di tipo tradizionale come quella di Chianni e Rivalto. In questi casi valgono, come già citato, le buone pratiche agronomiche e le cure colturali volte al mantenimento dei castagni nelle condizioni più ottimali possibili in modo da renderli più efficaci possibile nel contrastare condizioni climatiche puntuali estreme. In particolare, la pratica della potatura, contribuisce al ringiovanimento e al rinvigorimento delle piante, andando così a migliorare la resistenza ad alcuni patogeni e ad innescare reazioni (resilienza) a fattori avversi tra cui gli eventi climatici estremi (Maltoni et al., 2018). In questi ultimi anni a Chianni vi è anche una attività di recupero delle castagnete abbandonate e di conversioni di cedui a castagneti da frutto che già abbiamo documentato nel nostro sito (qui). In questi casi, in virtù delle informazioni tecniche e scientifiche disponibili e in virtù del sempre maggior rischio di eventi climatici estremi, è consigliabile scegliere le giuste esposizioni (preferibilmente a nord) ed evitare i terreni con geomorfologie convesse o eccessivamente ripide.

Riferimenti bibliografici

  • Bigio E., Gartner H., Conedera M. (2010). Fire-related features of wood anatomy in a sweet chestnut (Castanea sativa) coppice in southern Switzerland. Trees 24: 643-655.
  • Conedera M., Barthold F., Spinedi F., Ferrario F., Pezzatti G.B. (2011). Siccità estiva e castagno. Un ulteriore minaccia dagli estremi climatici? Sherwood 178: 16-21.
  • Guo L., Dai J., Ranjitkar S., Xu J., Luedeling E. (2013). Response of chestnut phenology in China to climate variation and change. Agricultural and Forest Meteorology 180: 164-172.
  • Luterbacher J., Dietrich D., Xoplachi E., Grosjean M., Wanner H. (2004). European seasonal and annual temperature variability, trends and extremes since 1500. Science 3003: 1499-1503.
  • Maltoni A., Bandini. F, Mariotti B., Teri S., Tani A. (2018). Approcci razionali ed innovativi alla potatura dei castagneti. Sherwood 233: 11-15.
  • Maresi G. (2013). L’importanza degli innesti e le altre pratiche colturali. In: La gestione biologica del castagno da frutto, a cura di Vai N., Apruzzese A., I quaderni di Agricoltura 54, Regione Emilia Romagna (pp. 11-14).
  • Mota M., Marques T., Pinto T., Raimundo F., Borges A., Caço J., Gomes-Laranjo J. (2018). Relating plant and soil water content to encourage smart watering in chestnut trees. Agricultural Water Management 203: 30-36.
  • Pezzatti G.B., Krebs P., Gehring E., Fedele G., Conedera M., Mazzoleni S., Monaci E., Giannino F. (2010). Using the leaf area/sapwood area (LA/SA) relationship to assess the ecological plasticity of the chestnut tree (Castanea sativa Mill.). Acta Horticulturae 866103-109.
  • Reinhardt F.L., Toffel M.W. (2017). Managing climate change: lessons from the US Navy. Harward Business Review 95(4): 102-111.
  • Villani F., Beritognolo I. (2016). Eurochestnut Network. Thematic group Climate Change. VII European Chestnut Meeting 8-10 September 2016, Alès, France.

 

Giacomo Costagli

Associazione Amici di Rivalto